“Santa Lucia luntana” del 1919 di E. A. Mario, è forse la canzone più famosa legata al borgo di Santa Lucia. Era un canto struggente e nostalgico degli emigranti napoletani che lasciavano la loro terra per andare in America. Santa Lucia, ancora oggi, nelle sue vesti di strada chic, evoca sentimenti nostalgici di una Napoli che fu.
Da Piazza della Vittoria fino alle pendici del Monte Echia, è tutto borgo fatto di castelli, fontane, grotte, palazzi nobiliari ed umili case. Affacciava sul mare ma, oggi, quel mare lo guarda da lontano: è soffocato tra gli hotel di lusso e la collina di tufo (Monte Echia). Il suo nome deriva da una chiesetta tutta rosa di gusto rinascimentale dedicata alla Santa martire, vergine e protettrice della vista ed ha, accanto a sé, quella stretta via detta del Chiatamone (dal greco Platamon, rupe scavata da grotte) che ospitó illustri personaggi tra cui Giacomo Casanova e Alexandre Dumas. Vive a Santa Lucia anche il ricordo del famoso Ammiraglio Francesco Caracciolo, il cui corpo è conservato nell’altra chiesa simbolo: Santa Maria della Catena.
È un borgo dal volto doppio, nobiltà e miseria, dove i bei palazzi ottocenteschi convivono pacificamente con quelle strette vie e rampe scavate nel tufo che salgono fino a Monte di Dio. È il Pallonetto di Santa Lucia, l’antica terra dei pescatori e della gente più umile che continua a guardare il mondo dall’alto, nascosta dietro balconi e portali decadenti. Le cronache raccontano che fino agli anni ’50 in questo borgo si svolgeva la festa della “‘Nzegna“. Ogni 28 agosto, giorno di S. Agostino, ci si vestiva con l’abito più bello, si festeggiava e di tanto in tanto si gettavano in mare diversi malcapitati che passeggiavano in quella zona.
Il borgo di S. Lucia è stato forse uno dei luoghi più rappresentati anche in pittura, tra ‘700 e’ 800 con il suo mare, i pescatori, i suoi venditori ambulanti e le venditrici di acqua sulfurea e taralli. Come non ricordare per esempio gli omaggi in pittura e in scultura ai ‘Luciani‘ realizzati da Vincenzo Gemito? Un brulicare di gente bruciata dal sole e dalla salsedine, gente umile e felice finché, con le colate a mare ed i lavori di ampliamento della città, via Santa Lucia ha perso il suo aspetto di strada costiera e si è ridotta a strada interna.
Ma è qui che anche i cuori dei poeti hanno immortalato il borgo scrivendo versi memorabili come quelli del poeta polacco Juliusz Slowacki che scrisse, nel 1836, “L’inno al tramonto del sole sul mare“. Oggi a Via Santa Lucia, al civico 116, esiste una targa, che ricorda il suo soggiorno e, anche attraverso le sue parole in cui la città è descritta come “una ninfa dagli occhi blu“, resta sempre eterno il ricordo di una “Santa Lucia luntana“. La Napoli che fu…