IL LIBERTY
Lo spuntare improvviso di vetrate colorate e l’avvolgersi di tralci in ferro sono lì ad aprire nella nostra mente squarci sul gusto “moderno” e raffinato della nascente borghesia cittadina.
Masse floreali ricurve, come quella della Villa Loreley, sporgono delicatamente, o vibrano sinuose, come la palazzina Ermolli, a rendere il loro rispettoso tributo all’ambiente paesistico che le ha generate.
Non mancano fiori bizzarri, come il Castello Aselmeyer, partorito dalla mente visionaria di Lamont-Young, a sovrastare con le sue torri, che evocano la Scozia, il sottostante Parco “Margherita”, nomen-omen, piccolo paradiso dello stile floreale. Lungo le sue strade, che sgusciano via come un’anguilla, ci fermeremo in più punti con lo sguardo a rimirare il villino progettato dall’architetto Licata, un vero “Paradisiello”, per poi sfociare dopo un volteggiare di asimmetrie in Piazza Amedeo. Qui una piccola pausa è d’obbligo, per contemplare dal basso lo spazio percorso e la grazia architettonica dell’ex Hotel Eden; ancora un nome che ci sussurra di come anche i turisti stranieri che soggiornavano a Napoli volevano avere un pezzo di paradiso. Una volta lì non ci resta che scovare l’ultimo fiore: il Palazzo Mannajuolo.