“Ah, che bell ‘o cafe’, pure in carcere ‘o sanno fa…” Cantava così Fabrizio De André nel lontano 1990 realizzando, di fatto, la sigla universale della bevanda nera qui siglata con le tre C : Comm Cazzo Coce!
Da queste parti il caffè è un rito o meglio, come diceva il buon Luciano De Crescenzo,”una scusa per dire ad un amico che gli vuoi bene“.
Ma quanti caffè al giorno beve un napoletano?
Beh, il calcolo dipende da diverse variabili ma sopratutto dal numero di incontri imprevisti che si fanno nell’arco delle 24 ore! E quando, in modo imprevisto si incontra qualcuno, allora la frase di rito è “prendiamoci nu caffè“.
Sí perché il caffè si prende e non si beve.
È una questione di vista, olfatto e compagnia. E se sei solo in un bar a sorseggiare il tuo triste caffè? Pochi attimi e diventa “felice” perché arriva la compagnia: il barista, il vicino di tazzina, il nuovo arrivato che entra spavaldo e saluta tutti alla Mario Merola ‘Felicissima sera ..!'”
Ora, quasi tutte le caffetterie di Napoli hanno una cosa in comune: la foto di Totò e Peppino in bianco e nero mentre discutono di capitalismo tra zucchero e tazzine.
Una mirabile scena tratta dal film “La banda degli onesti“, immagine talmente famosa da essere diventata anche un enorme murales nel Rione Sanità grazie allo Street artist Tono Cruz.
Ebbene sì, se Totò e Peppino sono in un bar, allora vuol dire che lì il caffè non solo è buono ma quel bar è accogliente e porta pure fortuna! Il cliente intenditore lì entrerà di sicuro! Marketing nostrano!
Questo modo di comunicare garanzia, simpatia e qualità, mi ha fatto pensare a qualcosa di simile che accadeva nel mondo romano più di 2000 anni fa quando i bar/taverne erano i famosi Thermopolia e, dietro al bancone di vendita, venivano rappresentati i serpenti agatodemoni.
Agathos Daimon, dal greco demone buono, era il serpente colorato, con cresta e barba, simbolo di fortuna, capace di allontanare il “fascinum” (malocchio). Dopo 2000 anni certe credenze non sono poi tanto cambiate: per i romani un serpente, per i napoletani i due agatodemoni in bianco e nero della Banda degli onesti. Il messaggio non cambia ‘Quod bene veniat“.
Ed il bene sta tutto racchiuso in un caffè che è bello e mai buono, ora è preso, ora è sospeso, ora in compagnia:
di un barista,
di un vicino di tazza e…
di un Mario Merola di turno!
Felicissima sera…